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Le nostre lacrime, il nostro sangue: denunciamo gli evasori
Le nostre lacrime, il nostro sangue: denunciamo gli evasori
La timidezza verso gli evasori è il peccato (speriamo provvisorio) del professor Monti. Affida alla burocrazia la caccia agli infedeli. E quei mille euro rintracciabili! Chissà le risate di mafie e miliardari russi con biglietti da 500 accartocciati nell’elastico. Per non parlare del’1,5 per cento che “punisce” chi nasconde i milioni all’estero. Briciole e brindisi di sollievo anche perché ormai introvabili La globalizzazione dei mercanti neri fa scivolare il maltolto in paradisi imperforabili. Più facile trovare i “ patrimoni” non considerati dal governo lacrime e sangue, Il veto del Cavaliere lega le mani ai tecnici che vogliono salvare l’ Italia.. Visco aveva fatto di più nell’ora dell’addio: distribuire nella rete i nomi di chi pagava e chi no, suscitando la rivolta rabbiosa degli onorevoli ai quali si affidano i ladri. Berlusconi indignato: “ inciviltà intollerabile “. Ormai il tempo è scaduto: intollerabili diventano gli scudi che proteggono gli autori del disastro. Un esercito di italiani ruba 120 miliardi a chi paga le tasse. Rubano l’assistenza ai malati, la sopravvivenza degli anziani, l’istruzione che dovrebbe formare l’Italia di domani. Ladri nell’ombra con la complicità di una privacy che fa ridere in tempo di guerra. Perché siamo in guerra: contro l’ emarginazione culturale, contro la corruzione da quarto mondo, contro la non speranza dei ragazzi fuori dal lavoro, contro la tragedia della piccola borghesia derubata di ogni dignità.E le fabbriche chiudono, e gli insegnanti restano a casa. L’ Italia dei sacrifici diventa un paese separato. Mai vendute tante auto di lusso come negli ultimi mesi: il superbollo non spaventa le bande bassotti.
A Tunisi e ad Algeri i ragazzi senza futuro non si arrendono alla repressione delle polizie. Morire di fame o di pallottole non cambia gran che. E i morti del Maghreb sbarcheranno nell’Europa che sta tremando. La loro rabbia contro la nostra paura: chi ha ragione?
Salviamo le banche, affamiamo i poveri dei poveri: attenzione, dall’altra parte del Mediterraneo sta succedendo qualcosa
Certo che in Kabilia ogni occasione è buona per manifestare, ma i “disordini” (e le vittime) di Algeri e Tunisi nascono da un’opposizione ai governi per la difesa di una libertà primaria, la sopravvivenza. Noi europei abbiamo i nostri problemi per la perdita della capacità di acquisto, ma algerini e tunisini con farina e zucchero aumentati da un giorno all’altro del 30-40 % incrociano improvvisamente la fame.
Sappiamo quasi tutto sulla globalizzazione e la deprechiamo più o meno in continuazione. Senza fare bene i conti, visto che noi italiani fingiamo di non sapere (meglio: siamo male informati da chi vuole che non sappiamo) che ognuno di noi ha sul collo un debito di 100.000 euro dovuto al debito dello stato e che ogni anno ne paga altre decine di migliaia per il “servizio del debito” alle banche. Il mercato ha ridotto l’economia a finanza e la merce principale è diventata il denaro e così noi, paesi ricchi, abbiamo già allargato abbondantemente la forbice ricchi/poveri e viviamo i ricatti di Marchionne. Quali saranno le reazioni dei nostri lavoratori quando il governo non troverà più mezzi per la cassa integrazione?
Tuttavia in Africa la crisi si ripercuote in forme peggiori. La gente è rimasta povera per la corruzione dei governanti, anche se negli ultimi anni è un po’ diminuito il numero di pancine gonfie nei bimbi. Ma la crisi non risparmierà nessuno e l’aumento del prezzo del petrolio non salverà i detentori africani dei pozzi. Il debito crescerà e i governi non potranno fare molto per contenere i prezzi e le reazioni della popolazione. Il livello culturale migliorato e le nuove tecnologie forniscono conoscenze diffuse e ormai gli africani sanno che anche in Europa non ce la passiamo bene. Ma sanno anche che stiamo certamente meglio di loro.
Facciamo qualche riflessione ahimè platonica? Gli Stati uniti hanno dovuto salvare dal fallimento con il denaro dei contribuenti banche che avevano portato al fallimento i cittadini dei mutui e c’è qualche fondato sospetto che la stessa prassi continuerà a produrre impoverimento ovunque. E se tutti i trasferimenti alle banche fossero stati indirizzati a sostenere le società povere, la loro produttività, l’istruzione, la salute…? I paesi ricchi sarebbero un po’ più poveri, ma quelli disagiati non sarebbero arrabbiati. Pensate i guai se tutti si arrabbiassero… ” Da Arcoiris.tv “
Scuola – Una vita da supplente: lavorare gratis e pagare le tasse su un busta paga fasulla
Il carnevale degli istituti privati: “Ero assunta con contratto regolare, tutto a posto, meno lo stipendio, che non c’era. Per poter usufruire dei contributi dello Stato scartano docenti alle prime armi non per mancanza di esperienza, ma perché non possono dimostrare lo stato di disoccupazione biennale e non ottenere gli sgravi fiscali. Due piccioni in una fava. Lavoratori gratis e soldi da Roma” (anticipazione del libro pubblicato da edizione Nuovi Mondi)
16-09-2010 di Vincenzo Brancatisano
Nel mese di ottobre del 2009 una docente di Inglese viene assunta come precaria presso un istituto tecnico commerciale di una città del nord grazie a una semplice messa a disposizione fuori graduatoria, a riprova ulteriore che di lavoro ce n’è, almeno in certe aree. Incontriamo la prof nella sala insegnanti mentre attende il cambio d’ora incollata al monitor di un computer alla ricerca di notizie sul decreto “salva precari” appena trasformato in legge dello Stato.
Le notizie non sono buone e non si capisce perché abbiano battezzato con un nome gentile e rassicurante un provvedimento che nulla può fare contro la grande mattanza di cattedre e di discipline che nel giro di pochi mesi getterà sul lastrico decine di migliaia di lavoratori con famiglie al seguito. La donna ha 38 anni e ci chiede di rispettare il suo anonimato. “Ho lasciato la mia città“, esordisce, “perché era insostenibile continuare a lavorare nelle scuole private. Nella scuola statale, peraltro, non vedevo sbocchi dalle mie parti, ora sono qui e spero nel futuro”. Ma il passato pesa tanto. In passato aveva abbandonato un posto fisso presso l’ufficio di un’azienda privata dopo essersi ribellata alla decurtazione illegale dello stipendio mensile. Ma la scuola non le ha certo riservato sorprese più piacevoli.
Perché ha lasciato il lavoro nella scuola privata?
“Non è pensabile lavorare senza percepire lo stipendio.”
Lei non aveva un contratto regolare?
“Era tutto regolare. C’era tutto tranne lo stipendio. Solo qualche volta mi venivano allungati 100, 150 euro come rimborso spese. La busta paga era regolare ed erano regolari anche il contratto e i contributi. Pure la dichiarazione dei redditi era regolare. Si fa per dire: pagavo le tasse su un reddito inesistente, in sostanza io pagavo per lavorare.”
Era la sola a vivere questa situazione?
“No. Nessuno di noi percepiva lo stipendio.”
Lo sapevate fin dall’inizio?
“Lo apprendevamo all’atto della firma del contratto anche se si sapeva in giro. E io, come gli altri colleghi, ho accettato perché al momento era l’unica possibilità di insegnare per accumulare il punteggio.”
Mi hanno portato via il bambino. La mia colpa? Guadagnare 500 euro al mese
Troppo povera per il giudice: una ragazza di Trento non ha ancora visto il figlio appena dato alla luce. Non importa se la sua vita è trasparente, niente droga né amicizie pericolose. Senza soldi non può essere una madre normale
22-07-2010
di Giancarla Codrignani
L’Adnkronos del 20 luglio registra:
In Trentino una giovane donna poco dopo il parto si è vista sottrarre il figlio appena nato, in esecuzione di una procedura di adottabilità, perché ha un reddito di 500 euro al mese. Il caso è stato reso noto oggi dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico di parte del tribunale di Trento, il quale, in una conferenza stampa, si è espresso in maniera molto critica nei confronti dei criteri con i quali i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà genitoriale.
Il testo è chiaro, ma merita un commento, anche perché la grande stampa e i media l’hanno sottovalutato, dando invece rilievo – anche critico, se si vuole – a un fatto, che appare emblematico al confronto, all’offerta cioè di una cattedra fatta da don Verzè alla figlia di Berlusconi appena laureata (laurea triennale, si badi).
Questione di giustizia, ma anche di qualcosa di più. Non solo iniquità di genere, a danno di una partoriente. Non solo disconoscimento di ciò che si blatera sulla famiglia, che è tale anche quando la madre è sola. Non solo rimozione dei diritti del bambino, che debbono essere tutelati a partire da quello di non essere strappato a una madre che evidentemente lo voleva e non ha abortito. Qui si fa legge della “logica di sistema” che avanza nella vita sociale del nostro paese e a cui dobbiamo opporre ogni resistenza: 500 euro di reddito mensile sono ritenuti “giusta causa” per togliere un bambino alla madre e darlo in adozione. Stiano attenti, se hanno figli, i cassintegrati, i licenziati e quella famiglia ogni cinque che – dice la Svimez – non ha i mezzi per curarsi.