Le associazioni Aeduca e Eliot propongono due laboratori sulla figura del padre, giovedì 25 marzo e giovedì 8 aprile alla Biblioteca Pavese
Le associazioni Aeduca e Eliot propongono due laboratori sulla figura del padre, condotti da Paolo Ferliga, giovedì 25 marzo e giovedì 8 aprile alla Biblioteca Pavese,
in via Newton 8a.
Il primo appuntamento, il 25 marzo alle ore 20.45, intitolato Il segno del padre, tratterà di immagine del padre e senso di colpa e dell’importanza della figura paterna nella vita dei figli nelle diverse fasi della crescita, dalla nascita all’età adulta.
Giovedì 8 aprile, sempre alle 20.45, si parlerà invece de L’amore del padre: l’archetipo del padre e l’iniziazione al sentimento, il rapporto tra padre e figli maschi e tra padre e figlie.
Paolo Ferliga, psicologo analista e docente di Filosofia, è autore de Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità (2005). I laboratori sono a numero chiuso. Una seconda edizione è già prevista per il mese di aprile. Per informazioni e pre-iscrizioni: associazione.aeduca@gmail.com (tel. 389.1971659).
I due appuntamenti sono stati preceduti, mercoledì 17 marzo, da un incontro pubblico con Paolo Ferliga e Claudio Risé, psicologo analista e scrittore che lavora da trent’anni sulla psicologia del maschile e sui problemi derivanti dalla crisi della figura paterna. La serata è stata introdotta dall’assessore al Welfare Lorenzo Lasagna, che ha ribadito la necessità di non accettare passivamente l’indebolimento della figura paterna nella società di oggi, “ma di sostenere invece le famiglie nella ricerca di strumenti per consolidare e ricostruire relazioni familiari che sono alla base anche della crescita armonica di una comunità”. Hanno presenziato anche la delegata del sindaco all’Agenzia per la Famiglia Cecilia Greci e l’assessore al Commercio Paolo Zoni.
Secondo Claudio Risé lo sbiadimento della figura paterna, legato alla crescente secolarizzazione della società, è all’origine di alcune patologie tipiche dei nostri tempi: l’incertezza nella creazione dell’identità personale – che spesso conduce all’adozione di identità derivate dai consumi – e il rallentamento nella emancipazione dei figli dalla famiglia. “Il padre rappresenta all’interno della famiglia l’ordine, la spinta verso il futuro e la progettualità, e allo stesso tempo le radici. Il padre, inoltre, è colui che insegna ai figli che la personalità si costruisce anche attraverso l’elaborazione di perdite e fallimenti. Insegnamento che la madre, simbolo di accoglienza e soddisfazione dei bisogni, non può trasmettere. Quando questa funzione paterna vien meno, la vita viene identificata con il successo, il fallimento è inaccettabile e per prevenirlo si sviluppano nevrosi ossessive. E quando difetta la separazione psicologica dalla madre, arrivano le proiezioni della sua figura sul coniuge e i fallimenti nella vita matrimoniale”. Per Risé crescere senza padre “costituisce un fattore di rischio nei confronti delle dipendenze e delle devianze, dunque un fenomeno con possibili costi sociali elevati”. Anche per questo, a suo avviso, soprattutto nel mondo anglo-americano si assiste a un’inversione di tendenza, con ripensamenti sulla fecondazione eterologa e con una forte presa sulla società dei movimenti antiabortisti (contro l’estromissione del padre dalla decisione sulla nascita) e dei patti prematrimoniali che escludono la possibilità del divorzio.
Come ricorda Paolo Ferliga, “oggi in Italia ci sono circa 8 milioni di genitori separati, nel 2007 divorzi e separazioni hanno coinvolto oltre 91.000 bambini e ragazzi e, a tre anni dall’approvazione della L. 54 sull’affido condiviso, i tempi medi di permanenza dei figli con il padre sono stimati ancora solo al 18%, rispetto al 72% che i figli trascorrono con la madre. Una riduzione del ruolo e della presenza del padre nella formazione e nell’educazione dei giovani con serie conseguenze sociali”. “La società ‘liquida’ dei consumi – ha detto Ferliga citando Zygmunt Baumann – ove tutte le identità trascolorano l’una nell’altra e i confini tendono a scomparire, ha trovato sostegno nella progressiva estromissione della figura del padre, che per definizione è colui che pone limiti. Ma il padre, aiutando i figli a separarsi dalla madre, trasmette loro anche il senso del limite e della colpa, condizione indispensabile perché si formi una personalità autonoma. E l’autonomia, la capacità cioè di interiorizzare la norma e il divieto, è l’antidoto principale nei confronti della dipendenza, e il presupposto per sviluppare una coscienza morale e per passare dall’egocentrismo all’altruismo, entrando così a far parte della comunità”.