Il Museo gli Orsanti, Borgo di Vigoleno (Pc)
Il Museo gli Orsanti nel Borgo di Vigoleno
Il Museo gli Orsanti sorge nell’incantevole Borgo di Vigoleno, in provincia di Piacenza.
Raccoglie un patrimonio storico-culturale unico, le testimonianze di vita degli Orsanti, artisti musicanti e ammaestratori di animali che a partire dal XVIII secolo emigrarono in tutto il mondo, divulgando la cultura girovaga grazie ai propri spettacoli.
Il Museo è stato fondato nel 2001 da Maria Teresa Alpi, un personaggio eclettico, artista per eccellenza. E’ stata stilista di borse per il mercato europeo firmandosi Donna Esa, poi scenografa, pittrice, burattinaia e museografa.
Suo nonno, emigrato negli Stati Uniti, diede lavoro a molti compaesani nella sua fabbrica di fiori di stoffa. Negli anni ’70 ha portato i suoi teatrini, realizzati con alcuni collaboratori, nelle piazze e nelle scuole d’Italia. Metteva in scena storie di animali, di cui scriveva il canovaccio, che sembrano aver trovato un epilogo nel Museo gli Orsanti, nato proprio da una suggestione narrativa.
Gli Orsanti, uomini che portano scritto nel loro nome quello di un animale, uniscono infatti l’idea di coraggio e forza del plantigrado a quella di rifiuto della società della sussistenza da cui provengono.
L’orso era l’animale principalmente utilizzato per gli spettacoli, notoriamente un animale imprevedibile e molto pericoloso, difficile poi che si affezionasse ai componenti delle compagnie degli orsanti visto il continuo scambio di proprietà e animali.
Si trattava specialmente di orsi bruni, in Emilia-Romagna e in Liguria l’animale continuò ad essere presente per un certo periodo, visto che ancora agli inizi dell’ 800 gli orsanti ricercavano nei boschi le “querce dell’orso”, ossia gli alberi che riportavano i graffi inflitti dall’orso dopo il letargo o comunque il periodo invernale.
Sulle Alpi e nell’Appennino centrale invece l’orso non si è mai estinto e anzi, fortunatamente e grazie anche alle reintroduzioni dell’uomo, sta tornando ad aumentare.
I plantigradi usati dagli orsanti dovevano comunque provenire in massima parte dall’estero, e in particolare dai Balcani.
L’usanza di esibire orsi ed altri animali nelle fiere di paese, esiste ancora nell’area balcanica e in varie regioni asiatiche. Lo scoppio della guerra nella ex Jugoslavia ha causato, tra l’altro, la dispersione di molti orsi verso aree più tranquille. Un buon numero di questi animali ha così colonizzato la parte orientale dell’Italia e lo spostamento continua.
Cercando altrove ciò che la loro terra non dava, gli abitanti dell’Appennino settentrionale si propagarono non solo nella penisola ma in Europa e oltre.
Fra loro vi era di tutto, ambulanti venditori di inchiostro, bottoni, pomate spacciate per miracolose, saponette, lumini e molto altro.
I cosiddetti “birbanti” preferivano turlupinare la gente fingendosi preti, devoti, santi e quant’altro, speculando sulla credulità e sulle disgrazie della gente.
I commedianti invece facevano spettacoli nelle strade, erano musicanti, burattinai, esibivano animali rari o addestrati e tutto poteva stupire.
Le compagnie più grandi, che detenevano orsi e cammelli, erano del tutto assimilabili alle grandi famiglie circensi. Questi ultimi normalmente venivano chiamati orsanti. I commedianti in maggioranza provenivano dalle valli del Taro, del Ceno e da Vernasca, Morfasso e Lugagnano.
Tutte queste professioni cessarono all’inizio del ‘900 per via delle nuove leggi molto severe contro lo sfruttamento dei minori e per l’avvento di nuove professioni ambulanti più redditizie e sicure, soprattutto all’estero: gelatai, venditori di pesce e patatine fritte, caldarrostai.
Nella prima metà del XIX secolo tra i musicisti girovaghi vi erano molti suonatori di ghironda, strumento probabilmente trasmesso dalle regioni francesi.
Ghironde e fisarmoniche si trovano spesso nelle mani dei cosiddetti “uomini orchestra”, che da soli utilizzavano più strumenti contemporaneamente con un effetto orchestrale.
I ritratti dell’epoca ci mostrano suonatori che sulle spalle reggevano una grancassa, spesso munita di piatti e triangolo, che veniva percossa con un mazzuolo fissato ad un avambraccio. Tramite una tracolla sostenevano una fisarmonica che suonavano con le mani, mentre in testa indossavano cappelli di metallo a cui erano appesi campanelli.
Lo sviluppo e la diffusione degli strumenti musicali meccanici, soprattutto nella seconda metà del XIX secolo, consentì ai girovaghi di utilizzare strumenti più piccoli e pratici. Particolarmente diffusi erano gli organetti di Barberia, piccoli organi costituiti da una serie di canne collegate ai mantici e muniti di un cilindro chiodato: ruotando la manovella si mettono in movimento i mantici e si fa ruotare il cilindro.
I girovaghi erano costretti a lunghe assenze da casa e potevano rivedere mogli e figli anche dopo anni. Molti non tornavano e del resto le mogli non potevano neppure tentare di ritrovarli visto che allora il passaporto veniva concesso alla moglie solo con l’assenso del marito.
La vita era dura, le famiglie numerose e con tante bocche da sfamare. Si abitava in case di sasso, rustiche ed esclusivamente funzionali, prive di fronzoli, con finestre e stanze piccole.
Per tentare di combattere la malasorte, la grandine, i parassiti o la siccità, si provava di tutto, processioni, preghiere, il suono delle campane.
Le patate, il cui raccolto bastava a sfamare solo per pochi mesi, integravano la produzione di grano e granoturco, che però a volte non giungeva a maturazione e quindi lo si acquistava dalla pianura con i proventi degli stagionali o lo si scambiava con il grano.
Nel ‘700 le autorità, rendendosi conto che i mestieri girovaghi erano causati dalla periodica emigrazione contadina motivata dalla miseria, cercarono di renderla in buona parte possibile.
Infatti questa gente emigrava soprattutto all’estero liberando il paese dai poveri ed inoltre aiutando economicamente i propri familiari in patria apportava valuta pregiata.
Nonostante questo le autorità decretarono che chi intendeva esercitare il mestiere di merciaio, suonatore d’organo o espositore di bestie dovesse sottoporsi a visita medica per accertarne l’inabilità ai lavori di fatica, ritenuti invece leciti.
Se ritenuti inabili ricevevano una patente, valida però solo per la provincia.
Le città, ricche e popolose, le piazze, le sagre e le feste erano le mete preferite dai girovaghi, fossero birbanti, commedianti o altro, che spesso vi giungevano in massa da ogni dove allestendo i loro spettacoli di acrobati, saltimbanchi, cantanti, suonatori e ammaestratori di animali.
Per esibirsi all’estero occorreva naturalmente essere in possesso di passaporto in regola e di un certificato di buona condotta. Ma i girovaghi erano accusati spesso di darsi ai furti e alle truffe.
La miseria del resto ne era spesso la causa e l’operato delle autorità era sovente ambiguo, teso da una parte a limitare gli spostamenti di persone a rischio e tendente dall’altro a concedere a queste persone di trovare altrove migliori condizioni di vita, che comunque in loco non esistevano.
Il Museo rappresenta un viaggio in una realtà che appartiene alla nostra tradizione: grandi orsi di cartapesta, insoliti strumenti musicali, costumi di scena, stampe d’epoca, dipinti, documenti e oggetti di vita quotidiana descrivono perfettamente l’atmosfera vissuta da questi artisti.
Grazie alla passione e determinazione di Maria Teresa Alpi, esiste ora un patrimonio dal valore inestimabile, unico nel suo genere, strettamente legato alla realtà dell’emigrazione e a tematiche come la condivisione, la tolleranza, le contaminazioni, la creatività, le tradizioni.
Il Museo gli Orsanti rappresenta una meta speciale per rivivere un passato che ci accomuna tutti.
Per ulteriori informazioni:
www.museogliorsanti.it
Per inviare il tuo commento
Devi avere fatto il Login per postare il tuo commento. - Sul link Login click destro mouse e segliere nuova scheda o finestra e aggiornare la pagina -